La sindrome della fettuccia rossa, complicanza comune della “siamo tutti web designer”

Ci sono frasi che restano impresse nella mente tutta la vita. Dalla lettura dello stupendo Psicopatologia della vita quotidiana di Sigmund Freud ho imparato che i motivi dell’innestarsi di queste cose nella nostra memoria a lungo termine sono complessi e non sempre di facile comprensione.

Stavo lavorando su un grande cliente su un progetto molto velleitario e di difficile realizzazione (alla fine è finito praticamente nel nulla) ed avevamo passato un sacco di tempo a cercare di risolvere un problema disegnando finalmente, dopo decine di tentativi, una pagina che lo semplificava in modo radicale e piuttosto convincente.

La mattina successiva il rappresentante al tavolo della usabilità (uso sempre un metodo lean-agile) del cliente, che ovviamente non aveva partecipato, come purtroppo spesso succede, ai lavori, dopo una occhiata di meno di trenta secondo, senza nessuna domanda, senza nessuna richiesta di chiarimento sui motivi delle scelte sentenziò “Non va bene non mi piace, cambiamolo”.

Come sempre di fronte a queste affermazioni ho ribattuto che “non mi piace” non è una motivazione utile e accettabile in un processo di design, la risposta è stata fulminante: “Io sono il cliente, ho la fettuccia del badge aziendale rossa, decido io!”.

Il colore della fettuccia del porta-badge cambia, ma la sindrome è abbastanza comune.

Analizziamo la sindrome

E’ abbastanza frequente nel middle manager, i top manager di solito sono più attenti nel giudizio e tendono, con poche eccezioni, a chiedere più che affermare in modo imperativo.

Viene da chiedersi come mai nessuno, non esperto della materia, andrebbe mai a chiedere a qualcuno che sta calcolando un pilastro di calcestruzzo armato di aggiungere o togliere un ferro o a qualcuno che sta scrivendo una query SQL di modificarla perché “non piace”.

In realtà probabilmente il tutto nasce da tre fenomeni diversi che qui purtroppo collidono.

Il primo è la sindrome della responsabilità: “fai come dico io perché poi se va male la colpa è mia”. In realtà il discorso della responsabilità vale certamente, ma non dovrebbe comportare interventi diretti in cose che non si conoscono, potrebbe nel caso comportare, per esempio, indicazioni sulla scelta del professionista o della organizzazione al quale il lavoro è stato affidato. Una vota che ci si è messi nelle mani giuste le cose dovrebbero essere lasciate nelle mani dell’esperto.

Nelle grandi organizzazioni la cosa è fortemente complicata dalla sindrome del disegnare per fare contenti i propri capi.  Il design viene fatto in ambiti nei quali quasi sempre chi poi va a farsi approvare i risultati dal top management è presente solo in modo molto marginale, la presentazione viene di solito fatta da chi non ha una reale consapevolezza della motivazione delle scelte e senza la capacità professionale di giustificarle.

A questo punto basta che il direttore generale o l’amministratore delegato se ne escano con un “mi piacciono i menù a destra” oppure “le icone le preferisco in bianco e nero come sul sito di fotografia che uso sempre” e queste totalmente avulse dal contesto diventano must di progetto e finiscono per contare meno della preferenza degli utenti o della applicazioni di regole di usabilità.

Tipiche per esempio qui le scelte sui colori che vengono fatte su un solo tipo di monitor e di solito di qualità altissima da gente che il contrasto non sa nemmeno bene cosa sia.

Il terzo fenomeno che nelle patologie della usabilità si ritrova spessissimo è la sindrome del siamo tutti web designer: ci sono cose che le persone sanno benissimo di non saper fare e che necessitano conoscenze specifiche, ci sono cose che tutti pensano di sapere fare. Il design delle pagine e delle interfacce è, scelleratamente, una di queste.

And so what?

Un vecchio detto lombardo recita ofelè, fa el to mestè e invita il pasticcere a fare il suo mestiere, una cosa che sa fare bene evitando di mettere il naso nel mestiere degli altri.

Intendiamoci questo non vuole dire che non si debba dare un parere o fare osservazioni, ci mancherebbe, significa che non si dovrebbero dare ordini perentori quando si parla di cose che richiedono una competenza specifica se non la si ha. Meglio farsi spiegare il razionale delle scelte.

Le ofelle sono, per inciso, biscotti deliziosi: ottime quelle che si fanno a Parona in alta Lomellina, provincia di Pavia, che vi consiglio caldamente!